Facebook evolve: ora banna e batte moneta. Diventa Stato?

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Si annunciano novità importanti per le piattaforme sociali guidate da Mark Zuckemberg (Facebook, instagram e whatsapp, in tutto 2,7 miliardi di utenti in tutto il mondo tranne che in Cina): pugno di ferro contro gli aizzatori di violenza e via a una nuova moneta per gestire tutte la transazioni commerciali che avverranno su quelle piattaforme.

Sembrano cose da poco, ma in realtà si tratta di un passo enorme verso la completa conquista della sovranità da parte delle piattaforme rispetto alle leggi degli stati in cui operano. Quella della moneta è una novità assoluta di cui si torna a parlare ormai con una certa insistenza anche se manca l’annuncio ufficiale. 

“Facebook – si legge su Nova – sta cercando di raccogliere attorno al progetto del suo bitcoin circa 1 miliardo di dollari. Ha già aperto delle negoziazioni con società di servizi finanziari e di pagamento come Visa e Mastercard, ma anche con società specializzate nei pagamenti elettronici come First Data. Inoltre il social network più diffuso al mondo sta trattando anche con le società di e-commerce, come Amazon per far sì che la sua moneta digitale una volta lanciata venga accettata dalle principali società di retail elettronico. La società per ora non conferma le rivelazioni del Wsj, e dice soltanto che sta esplorando diverse applicazioni per la tecnologia delle criptovalute“.

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Diverso invece l’annuncio che riguarda il ban di alcuni utenti dalle piattaforme.

“Dopo anni di esitazioni – spiegano sul New York Times Mike Isaac e Kevin Roose – su come gestire le voci estreme che popolano la sua piattaforma, Facebook ha sfrattato sette dei suoi utenti più controversi, molti dei quali conservatori, infiammando immediatamente il dibattito sulla potenza e la responsabilità delle grandi aziende tecnologiche. Il social network ha detto di aver escluso Alex Jones, il teorico della cospirazione e fondatore di Infowars, dalla sua piattaforma, insieme ad una manciata di altri estremisti. Anche Louis Farrakhan, il leader della Nazione dell’Islam, noto per le sue invettive antisemitiche, è stato bannato. L’azienda della Silicon Valley ha detto che a questi utenti non è stato consentito l’utilizzo di Facebook e Instagram nell’ambito delle sue politiche contro “individui e organizzazioni pericolosi”.

La cosa interessante la segnala Nova. Pare che questa decisione di intervento così drastica sia la risposta di Zuckemberg alle azioni che sono state promosse contro di lui dalle autorità federali.  “Gli sforzi di Facebook per rendere la “piattaforma sicura” e non un luogo che semina divisione ma che contribuisce a creare contatti tra le persone – si legge su Nova –  fanno parte di una serie di sforzi che la società di Zuckerberg sta facendo in vista di un patteggiamento con le autorità regolatrici della Federal Trade Commission. Accordo in via di definizione, legato allo scandalo delle violazioni della privacy di 87 milioni di utenti da parte della società britannica Cambridge Analytica che ha lavorato durante la campagna elettorale di Trump nel 2016 e nel referendum sulla Brexit condizionandone i risultati attraverso l’utilizzo di fake news a insaputa degli utenti. L’accordo con i regolatori federali prevederà anche una maxi multa che potrebbe arrivare fino a 5 miliardi di dollari, come ha annunciato il colosso dei social network in occasione della presentazione dei conti trimestrali quando ha rivelato di aver accantonato 3 miliardi di dollari a tale scopo. Le nuove regole sulla privacy che Facebook sta adottando fanno parte delle richieste avanzate dalla Ftc, che oltre alle sue pratiche legate alla protezione dei dati personali sta spingendo anche per la riorganizzazione e il miglioramento della governance della società”. 

Sembra un bel paradosso. Le autorità federali cercano di inseguire Zuckemberg, perchè avrebbe violato le leggi e lui risponde con atti che aumentano la sua autonomia e la sua autorità.

 

 

Atomi, gas e gasdotti, l’intreccio energetico del nuovo MedioOriente

In pochi hanno sottolineato i riferimenti all’energia che il Presidente russo, Vladimir Putin e il suo omologo Israeliano, Benjamin Netanyahu hanno portato in dote alla loro offensiva diplomatica il giorno dopo le dichiarazioni di Donald Trump su Gerusalemme.
Mentre il premier Israeliano volava in Europa per incontrarsi a Bruxelles con la Mogherini, Putin è volato fino in Egitto e poi in Siria e in Turchia per ribadire il suo ruolo centrale nello scacchiere medio-orentale.
Singolare non solo l’intreccio dei piani di volo degli aerei presidenziali, ma anche quello delle loro piattaforme negoziali. Soprattutto la parte che riguarda l’energia.
Si parte dalla Siria, dove Putin rivendica la riconquista dei giacimenti di gas mentre Netanyahu a Bruxelles promette un nuovo gasdotto verso l’Italia e l’Europa, sfruttando i giacimenti alla cui scoperta ha partecipato anche Eni al largo delle coste dell’Egitto. Le stesse coste che vedranno sorgere l’imponente (4800 megawatt di potenza installata) prima centrale nucleare egiziana che ieri Putin ha deciso di finanziare per l’85 per cento dei 30 miliardi di euro previsti.
La partita è complessa e si aprono nuovi scenari. All’offensiva di Putin che gioca su tutti i tavoli dalla Libia alla Turchia, passando per Arabia Saudita, Siria ed Egitto, Israele risponde con una proposta strategica in grado di ribaltare il quadro. Il gasdotto promesso da Netanyahu puo’ scardinare gli equilibri del traffico commerciale del petrolio e del gas trasformando Israele in una piattaforma logistica molto importante per i giacimenti di tutto il quadrante in grado di collegarli direttamente con il loro principale mercato, quello che ora dipende dal gas russo, l’Europa.
L’Italia, è li nel mezzo di questa partita.

Rischio zero non esiste, la resilienza si

Prevedere un fenomeno naturale come la neve è possibile. Prevedere con esattezza il tipo di danno, la localizzazione del danno che produrrà su un sistema o su una rete (strada-ferrovia-elettricità) non lo è. O almeno non lo è nei termini in cui pensiamo. Possiamo immaginare per esempio che una strada possa essere chiusa, ma non possiamo sapere dove il traliccio si piegherà sotto il peso del ghiaccio, e quale dei cavi dell’alimentazione elettrica dei treno andrà in isolamento, sempre per colpa del ghiaccio.

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Ecco cosa succede ai tralicci quando cadono 4 metri di neve

Nei vari gruppi on line, di meteofili social, è tutto un proliferare di previsione che sperano arrivi la neve. A me diverte moltissimo seguirli. Come pure mi interessa molto seguire con attenzione tutto ciò che evolve in tema di previsione e di mitigazione del rischio. Credo sia una delle nuove frontiere del giornalismo scientifico questa di saper far intrecciare dati previsionali, su scenari reali. Dunque seguo con attenzione il dibattito, soprattutto da quando mi sono trovato direttamente coinvolto, nel 2012 nella nevicata che paralizzò Roma.

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I passeggeri del treno Roma Viterbo si fanno strada a piedi lungo la ferrovia 3 febbraio 2012. In fondo la stazione di Cesano

In quel caso e nel caso di una singola infrastruttura è possibile arrivare a creare dei modelli, degli scenari che possano in qualche modo indicare (ma non assolutamente prevedere) dove una particolare nevicata creerà delle difficoltà, dove i cumuli potranno favorire la caduta di alberi sui binari, ma non potrà mai arrivare a prevedere esattamente dove e quando questo avverrà. Sono comunque informazioni utili, soprattutto in caso di emergenza perché aiutano ad avere una lettura più nitida dei tanti segnali che arrivano dal territorio e mi permettono di valutare con maggior precisione il rischio e a mettere n campo azioni che mitigano gli effetti dei fenomeni.

Un rischio che, occorre dirlo, non è e non sarà mai uguale a zero. Il rischio zero non esiste!

Siamo un grande paese

Si siamo un grande paese. Siamo una comunità che è capace di far fronte anche alle più incredibili avversità. Dietro le spalle di questo Vigile del Fuoco che sta estraendo vivo dalle macerie dell’Hotel di Rigopiano uno dei bambini che si temeva fossero rimasti uccisi dalla valanga, c’è una catena di uomini, di donne, c’è un sistema complesso di organizzazione di strutture e di coordinamento, che solo un grande Paese è in grado di allestire e mettere in campo. Nonostante questa struttura da agosto ad oggi abbia dovuto far fronte a tre distinte crisi sismiche che hanno investito progressivamente aree e territori sempre più vasti, nonostante l’ultima si sia verificata quando era in corso la seconda, e più violenta tempesta di neve che si ricorda, nonostante le critiche, le polemiche, le ingiurie, erano lì, con le spalle coperte a salvare vite umane.

Io oggi sono orgoglioso non solo dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile, ma di tutto quello che c’è alle loro spalle e che permette loro di fare ciò che fanno! Anche di quelli che tra loro, hanno sbagliato!

 

Grazie

Il codice etico 5 stelle è un bluff

In questi giorni gli iscritti al Movimento 5 stelle dovranno votare un nuovo codice etico da applicare agli eletti del movimento nelle varie cariche. In molti si sono affrettati a parlare di una vera e propria rivoluzione che va a modificare uno dei cardini su cui si basa la narrazione dei cinque stelle, diciamo pure il suo paradigma fondativo. Per la prima volta infatti, il movimento introduce la presunzione di innocenza e ammette che un “avviso di garanzia” non è di per sé una colpa. I casi saranno valutati caso per caso e si introduce l’obbligo, per i rappresentanti eletti dai 5 stelle di comunicare eventuali problemi giudiziari anche se questi interessino membri di una giunta comunale che non appartengono al movimento. Per esempio come nel caso dell’ex assessore Muraro a Roma.

Camera: Di Battista fa gesto manette, Aula insorgeSemplicemente assistiamo a una ulteriore stretta dei gestori del blog sugli eletti del movimento. La regola generale e automatica – le dimissioni immediate – viene sostituita infatti da un sistema di norme che affida in toto il potere discrezionale ai gestori del Blog. A quel punto basterà un post dal blog per stabilire che -faccio un esempio pratico – Pizzarotti è colpevole mentre Raggi è una vittima di un complotto. Insomma non cambierà nulla. E per gli altri, quelli degli altri partiti, resterà sempre in piedi la stessa solita violenza verbale e sociale cui siamo stati fin qui abituati.

Lo spread del propostone del Cavaliere

C’è un sacco di gente stamattina incavolata contro lo spread, il differenziale sui Titoli di Stato tra Italia e Germania. E’ inevitabile che sia così, perché associamo a quella parola nefasti ricordi di emergenze, di baratri, di tagli, di crisi, di fallimenti e di suicidi. Lo spread però, è solo un freddo indicatore che misura l’attrattività degli investimenti in titoli di Stato. Non è lo strumento del ricatto della finanza, come invece molti sostengono. Tuttavia pare che negli ultimi giorni lo spread sia tornato a salire.

Davanti a questa impennata degli interessi sui titoli di stato italiani, molti hanno iniziato a inveire contro il complotto finanziario anche perché questa risalita dei tassi di interesse è stata imputata dallo stesso premier, alla paura degli investitori per quello che può accadere in Italia se, al referendum, come è probabile, dovesse prevalere il No. Apriti cielo, lo spread è entrato di diritto in campagna elettorale e ora sono tanti quelli che inveiscono contro il”ricatto dello lo spread“.

Ma siamo davanti a un complotto dei perfidi finanzieri internazionali, oppure alle solite la politica italiana non riesce a cogliere i segnali che arrivano dai mercati?

Secondo me, la seconda ipotesi è molto più realistica di qualsiasi ipotesi di complotto, così come è evidente che Renzi si giochi ogni carta a sua disposizione, anche a costo di strumentalizzare.

Tuttavia, al netto delle dichiarazioni del Premier, basta leggere i giornali e trarre le conseguenze delle notizie che si leggono per capire come stanno le cose.

Due giorni fa quel vecchio volpone del Cavaliere, in grande crisi di ruolo politica, ha fatto il propostone: in uno scenario in cui è altamente probabile che le riforme Renzi vengano bocciate al referendum ha proposto, ed è la prima proposta sul dopo 4 dicembre, il ritorno al proporzionale. Stamattina il Foglio, a seguito di questa proposta lo ribattezza The Young Pope, come se le reazioni innescate dalla proposta di un ritorno al proporzionale avessero rivitalizzato il vecchio Cav.

C’è da non credere che l’uomo che per venti anni ha forzato, spaccando la costituzione materiale del paese sulla elezione diretta del premier mettendo il suo nome in lista (ecco perché tutti sono convinti che Renzi non è eletto da nessuno) sia ora il cardine di un ritorno al proporzionale che, da Speranza, a Grillo piace a tutti.

Ho provato allora a immaginare il nuovo Parlamento Italiano eletto con il proporzionale, 35 per cento 5 stelle, 23 per cento Pd, e poi 14 per cento Forza Italia e così via. Le percentuali sono solo un esempio, ma riflettono gli ordini di grandezza possibili. Non riesco a togliermi dalla mente le facce dei vari Di Maio, Salvini, Grillo, Di Battista, Speranza, Brunetta e dello stesso Berlusconi, che si passano il cerino del governo di mano in mano per paura di bruciarsi: governa tu, no tu, no ma prego governa tu, no tu! Sarebbe un gioco folle, che farebbe precipitare il Paese in un quotidiano streaming Bersani vs Lombardi.  

Insomma il caro e vecchio Silvio ha messo d’accordo tutti sulla irresponsabilità di governo. Per quello tanto poi ci penserà il PD e qualche altro alleato, e tutti gli altri resteranno alla finestra a gridare all’inciucio. Maggioranze sempre sotto ricatto e sempre in bilico in balia di bande di filibustieri delle preferenze. 

In un contesto del genere pensate che un operatore economico trovi interesse a investire sui titoli del debito di un paese che ha un bisogno disperato di indirizzo politico certo e di imboccare la via della ristrutturazione non solo delle istituzioni, ma della società?

Ecco allora vedete da soli, che lo spread non è affatto un ricatto, ma una mera presa d’atto.

 

*Agli amanti del proporzionale mi piace ricordare che quel sistema funzionava solo nell’Italia del dopoguerra in cui c’era comunque chi doveva governare, la DC e chi doveva stare all’opposizione. Insomma in un sistema che era tutto finto, e il governo lo decidevano davvero a Washington e a Mosca. 

Gli anni ’80, caro Silvio non tornano più.

 

Trump power

Buongiorno: mi permetto di osservare che la narrazione Clinton=etabishmentpoliticofinaziaria, è un tantinello errata ed è il fulcro della narrazione reazionaria che sostiene da Putin a Grillo passando per Trump e Le Pen.
Clinton è espressione di un ceto politico (è un avvocato, figlio di un sottosegratario) che ha mediato con il potere finanziario una grande transizione e che, attraverso Obama, è riuscita anche a ridistribuire qualche cosa nell’ambito di un processo ridistributivo mondiale mai visto prima. Certo è elite, ma è elite politica e non finanziaria. La differenza è rilevante. Con il sistema finanziario, prima suo marito e poi tutti gli altri democratici hanno certo negoziato, ma occorre metterlo in chiaro, nel cuore di Manhattan non c’è la Clinton Tower e manco la Rodham Tower. C’è però la Trump Tower, coi suoi stucchevoli decori.

Trump è invece espressione diretta di quel potere. Trump va al potere contro la mediazione Obama e ora il potere finanziario ha un suo diretto rappresentate alla Casa Bianca. Trump è i poteri forti. Negli ultimi dieci anni, gli Stati Uniti, davanti alla Crisi storica eleggono un nero e il nero crea un sistema di welfare. Lo stesso Obama poi diventa protagonista della Green Economy, quella della Tesla, delle rinnovabili e dei motori a basso consumo della Fiat.
Eppure la reazione a questo processo è stata il voto in massa e in forza a Donald Trump e il suo movimento che,  come prima vittima, ha liquidato il partito repubblicano, asfaltando i mediatori politici per dare spazio al potere economico disintermediato. Di questo, nessuno dice nulla. Per gran parte dei commentatori la colpa di questo processo è di Hillary.

Credo sia la prima volta dal dopoguerra che un megamiliardario vada al potere. Trump è “i poteri forti” ne è incarnazione direttaEppure si camuffa il suo potere attraverso il kitsch degli arredi, lo si mistifica dietro alla fluente chioma o alla sua volgarità. Ma la sua volgarità è espressione diretta del suo sentirsi coi piedi per terra dalla cima della Trump Tower membro dello 0,1 per cento che comanda davvero.
L’operazione di restaurazione con Trump presidente è solo agli inizi. Trump è al potere senza mediazione e anche senza mediazione dei partiti. Il prossimo passo sarà il completo annichilimento del partito repubblicano attraverso cooptazione e creazione e consolidamento del suo movimento.

Per molti, questo signore è una sorta di moderno Che Guevara e la Clinton e Obama i veri vessatori del popolo: un rovesciamento di prospettiva, davvero allucinante e allucinato. 

Un po’ piu’ di lucidità è necessaria a volte.

Présidentielle 2017: la guida alle elezioni francesi. Prima puntata

Ribloggo molto volentieri i post di questo blog di Francesco Maselli. Vi invito a legegrli con attenzione che Francesco è bravo e arguto analista politico

Francesco Maselli

Per prima cosa, ringrazio i miei 15 lettori per la fiducia, non mi aspettavo che la politica francese potesse interessare così tanto. Ho quindi pensato che una newsletter può essere uno strumento utile sia per me che per voi: ogni domenica mattina vi arriverà una email con gli argomenti della giornata, nel caso vi siate dimenticati o non abbiate tempo di leggere tutto ma almeno avere un’idea della situazione. Ci si iscrive qui. (La mail di conferma potrebbe finire in “posta indesiderata”, a me è successo quindi controllate).

Veniamo a noi: di cosa parliamo oggi:

1-I candidati alle primarie del partito di centro-destra Les Républicains, chi sono, cosa pensano, cosa dobbiamo aspettarci da loro. Una lunga guida, chi li conosce può scorrere sino al punto 2. Fino a fine novembre le primarie saranno l’argomento al centro del dibattito pubblico francese: è bene metterli a fuoco. Le primarie sono a doppio turno, come le elezioni presidenziali, se…

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Crisi Rifiuti: oltre il Raccordo c’è di più

 

Discarica con vista
Discarica con vista

La crisi dei rifiuti non è una novità per Roma. Non lo è nemmeno per la sua Area Metropolitana quella immensa area che circonda la Capitale che un tempo era la sua provincia e ora è la sua vera, sterminata periferia. Per conoscere bene la profondità e la serietà di questa crisi che sembra accendersi solo a vampate, occorre andare proprio qui, lungo le arterie e nei paesi della ex Provincia di Roma.

Una prostituta davanti a una discarica abusiva sulla via di Cesano
Una prostituta davanti a una discarica abusiva sulla via di Cesano

Dalla costa, Fiumicino e poi Ladispoli e Cerveteri, passando per le aree interne da Bracciano e poi fino a Campagnano, ovunque le strade sono lastricate del degrado dei sacchetti della immondizia, di rifiuti maleodoranti.

Quasi senza soluzione di continuità in ciascuno dei comuni della provincia i cittadini provano a organizzarsi per porre rimedio allo sfacelo di uno Stato (Governo, Regione, Area Metropolitana, Comuni) che fa una enorme fatica ad organizzare un servizio di raccolta efficiente ed efficace.

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La discarica di Cupinoro ora avrebbe dovuto ospitare un Tmb

Eppure sono queste le aree in cui, a Roma, da più tempo si fa differenziata, con percentuali anche considerevoli.Ed è sempre in queste aree che insistono numerosi impianti per la gestione dei rifiuti: Colleferro, Albano, Cupinoro.

Paradigmatico il caso di Bracciano, cittadina che negli ultimi dieci anni ha visto raddoppiare il numero dei suoi abitanti e che è anche la sede di una discarica – quella di Cupinoro, ormai chiusa ma senza fondi per la gestione del post mortem – che ora nessuno vuole trasformare in un TMB, un impianto capace cioè di fare la selezione dei rifiuti, che è esattamente quello che serve alla città di Roma per risolvere la sua crisi dell’immondizia.

Insomma la soluzione della crisi sarebbe qui, a portata di mano e con benefici reciproci per tutti, per i cittadini romani, che risparmierebbero, per quelli braccianesi che avrebbero non solo i soldi per la messa in sicurezza della discarica, ma anche per copiosi investimenti sul territorio.

Nonostante questo, i bandi di gara per la realizzazione del TMB a Cupinoro continuano ad andare deserti. 

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I sacchi di immondizia raccolti dai volontari di Bracciano, il lavoro è stato fatto domenica 7 agosto, per loro una domenica come tante da un anno in qua.

Così mentre nella cittadina laziale la municipalizzata locale veleggia verso il fallimento, per avere le strade pulite ci si affida al lavoro volontario di un gruppo mai troppo encomiato di cittadini (SalvaguardiAmo Bracciano)

Una follia vera, un capolavoro irrazionale che viene alimentato ad ogni tornata elettorale da comitati, partiti, associazioni, tutti pronti a stracciarsi le vesti contro ogni possibile soluzione. Persino il capping e cioè la chiusura dell’invaso è stata oggetto di grandissima discussione con ricorsi al Tar, accuse, polemiche e l’inevitabile intervento della Commissione Parlamentare sul ciclo dei rifiuti.

Naturalmente, nel grande baraccone della politica cresciuta sulla “monnezza” non poteva mancare l’ormai irrinunciabile riferimento alla mafia, che, come si sa, negli ultimi tempi ha assunto una sua dimensione specifica, anche qui nella Capitale.

baccanelloIn questo contesto, tutto fa brodo, tutto diventa scontro politico. Tutto insomma serve a fare selezione di gruppi dirigenti, di Deputati (ricordate Di Battista e Stefano Vignaroli fuori dai cancelli di Malagrotta?), di Sindaci, di assessori che fanno le corse a spazzare di qui, a pulire di la, a tappare buche, a sistemare panchine.

Insomma, più che stare li a sbattersi in riunioni con gli altri organi dello Stato, alla ricerca di un modo per far funzionare la macchina, si affannano a perdere tempo dietro ai danni causati dal mancato funzionamento di quella stessa macchina. Il guaio è che più si affannano e più vengono votati.

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Una rampa di accesso alla Cassia Bis invasa dalla spazzatura

Centinaia di like per una buca tappata o per un lampione riparato, equivalgono a voti che poi per essere sostenuti avranno sempre bisogno della buca da tappare e della busta di monnezza da raccogliere.

Un  cane che si morde la coda, o se apprezzate l’ironia, un esempio lampante di quella “economia circolare” che Zingaretti e Raggi l’altro giorno esaltavano in una conferenza stampa convocata per dire che non avrebbero fatto un termovalorizzatore per bruciare la monnezza di Roma.

Nel frattempo, dalle parti di Ciampino, da Ardea, da Cecchina, sempre in Provincia, ma stavolta a Sud, arrivano notizie di roghi di rifiuti più o meno pericolosi.

Va tutto bene.